Silvia Maffetti (classe 1991) lavora in PageNet da marzo 2025. È originaria di Brescia, ma i suoi studi l’hanno portata a Bergamo per la Triennale, a Venezia per la magistrale e a Milano per un master.
Che cosa hai studiato, Silvia? Ho studiato inglese e giapponese. Avrei tanto voluto lavorare in ambito audio visivo. Tanto per intenderci, i sottotitoli dei film. Ma ho sempre avuto anche una grande passione per i libri. Così dopo la magistrale ho fatto un master in editoria. La mia idea era quella di unire lo studio del giapponese all’amore per i libri.
E come è andata? Ho fatto due stage in case editrici in ambito gastronomico. Mi è piaciuto molto, perché sono una grande appassionata di cucina e nutrizione.
E poi? Ho lavorato in uno studio editoriale per tre anni e mezzo. Ho ricoperto sempre il ruolo di redattrice. Realizzavo periodici per Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, ma anche libri (saggistica, storia, politica, filosofia, sport…). Mi occupavo di tutto il processo: dalla gestione del cliente allo stampatore, passando per l’autore e i grafici.
E sei arrivata in PageNet…
Esatto. Ora collaboro con MilanoEdit e PageNet.
Di che cosa ti occupi in Milanoedit? Sono redattrice editoriale.
E in PageNet? Controllo a livello redazionale i testi già scansionati. Verifico che nella pagina non ci siano problemi, soprattutto per quanto riguarda i metadati. È un’esperienza che non avevo mai fatto prima. Ma credo sia proprio una bella opportunità. Amando così tanto i libri, mi piace dare loro la possibilità di una nuova vita.
Ti sta piacendo questo lavoro? Sì, molto. Perché imparo cose che non conosco, come i programmi necessari per la digitalizzazione. Voglio migliorare nell’utilizzo di questi programmi e vorrei riuscire a entrare appieno nel flusso del lavoro. La realtà di PageNet è affascinante, perché è peculiare e quasi unica nel suo genere.
Prima ti occupavi di materiali che in edicola rimanevano per un tempo molto limitato. Ora puoi dedicarti a libri che potenzialmente avranno una vita più lunga… Sì, l’edicola ti costringe ad acquistare un prodotto in una settimana, o poco più. Il print on demand per esempio salva il libro dall’oblio e gli permette di arrivare a destinazione nelle mani di chi lo custodirà certamente meglio di una rivista.
A volte sembra un lavoro frustrante quello dell’editore, in generale. Condividi? Sì, decisamente. Ma soprattutto in questo lavoro devi dare un senso autonomo al lavoro che fai.
In che senso? Spiegaci. Anche se il prodotto non ha una vita eterna, come la rivista, mi focalizzo su quello che può arrivare al fruitore e non su quello che non arriva. Se regalo anche solo qualche momento di felicità al cliente, quella cosa ha un valore di per sé. Mi è capitato di impegnarmi molto per un’opera e quell’opera non va, non funziona, non ha mercato. Non importa. L’ottica con cui faccio questo lavoro è questa: qualcuno, forse pochi, ha beneficiato di quel lavoro, che ha rasserenato un po’ la sua giornata. Per me va bene così.
Torniamo un po’ indietro. Come nasce la tua passione per i libri? I libri mi hanno aiutato nei momenti difficili della mia vita. Leggo sin da quando sono piccolina. Mia madre leggeva sempre e io ricordo che all’elementari durante le vacanze estive andavo in biblioteca con tre tessere per poter prendere in prestito trenta libri, che potevano bastarmi per il periodo estivo.
“Svaligiavate” la biblioteca? Sì, in un certo senso sì.
E adesso cosa leggi? Ora che faccio questo lavoro, per assurdo, leggo meno. Forse perché leggo tutto il giorno in ufficio. In ogni caso leggo saggi soprattutto di psicologia e spiritualità. Ho abbandonato la narrativa che non mi coinvolge più come prima.
Quando non lavori, che cosa ami fare? Pratico calisthenics, una disciplina basata sul corpo libero. Volevo iniziare a fare sport, cosa che non ho mai praticato tanto, ma cercavo qualcosa di divertente. Sono anche appassionata di enogastronomia. Ho frequentato i primi due livelli del corso di sommelier. Cucino tantissimo, sono molto attenta all’alimentazione. Dipingo con i colori ad olio…
Quante passioni! Anche la cucina è stata ereditata dalla mamma, come la lettura? Niente affatto! Anzi. Ho iniziato a cucinare, perché non volevo più mangiare cose surgelate! Mia nonna era molto brava ai fornelli. Deve essere saltata una generazione…