L’Università di Udine è capofila di un progetto di ricerca PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca chiamato “Modi, Memorie e Culture della Produzione Cinematografica Italiana (1949-1976)”, finalizzato ad approfondire la storia dell’industria cinematografica nel nostro Paese in un arco temporale abbastanza ampio, che comprende alcune delle stagioni più floride della nostra cinematografia. La responsabile scientifica è la professoressa Mariapia Comand, docente di Caratteri del Cinema Italiano e Storia del Cinema presso l’Università degli studi di Udine. Le altre università coinvolte sono l’Università degli Studi di Parma, l’Università di Roma Tre e l’Università IULM di Milano. Ne parliamo con Chiara Grizzaffi, assegnista di ricerca proprio in quest’ultimo ateneo, dove ha conseguito il dottorato in Comunicazione e nuove tecnologie.

Chiara, qual è stato il vostro lavoro?

Il lavoro è consistito nell’indagare alcuni aspetti della produzione cinematografica nel nostro paese: assetti organizzativi e istituzionali, routine e pratiche produttive, culture e memorie della produzione. Fondamentale, per noi, era ricostruire le pratiche discorsive e le autorappresentazioni attraverso cui alcune delle figure legate alla produzione concepivano la propria identità professionale e cercavano di legittimare il proprio ruolo all’interno dell’industria. Per fare questo, era essenziale reperire  le fonti e i testi che permettessero di  ricostruire questi aspetti discorsivi, in particolare le riviste della stampa tecnico industriale, specifiche, per addetti ai lavori.

Non erano quindi rivolte a un pubblico eterogeneo, ma per operatori del settore?

Sì, esatto. Produttori, distributori, esercenti, ecc. Abbiamo recuperato il materiale in diverse biblioteche nazionali. Occorreva farne un catalogo digitale, per la nostra ricerca, affinché queste risorse fossero consultabili dagli studiosi del gruppo di ricerca e rimanessero a disposizione della comunità scientifica.

Qui inizia la relazione fruttuosa con PageNet…

Sì, il nostro obiettivo era quello di realizzare un catalogo di riviste  comune al nostro gruppo di lavoro, perché altrimenti queste risorse sarebbero state difficili da consultare agevolmente da tutti noi. Le riviste, infatti, erano in possesso solo di poche biblioteche, e noi siamo un gruppo di studiosi che, oltretutto, lavora in città e atenei diversi. La scansione di alcune riviste è stata fatta a Milano, con scannerizzazioni di altissima qualità. PageNet ha realizzato PDF ricercabili con OCR, che ci permette di fare ricerche mirate e consultare i materiali in modo più agevole.

In questo modo i collaboratori possono lavorare tutti sugli stessi materiali da luoghi differenti con maggiore precisione?

Non solo. Anche la condivisione dei risultati è decisamente agevolata.

Perché vi siete affidati a professionisti come PageNet?

Araldo

Perché non avevamo né i macchinari né l’expertise adatti per questo tipo di lavoro. Due sono state in particolare le riviste digitalizzate da PageNet: “L’Araldo dello spettacolo”, un quotidiano che si trova alla Biblioteca Sormani di Milano (in particolare le annate dal 1948 al 1954) e “Cinespettacolo”, una rivista sita presso la Biblioteca dell’Università Cattolica di Milano (annate 1949 – 1954).

Anche le biblioteche stesse hanno beneficiato di questo progetto?

Certo! I materiali digitalizzati sono stati consegnati anche a loro, in una forma diversa dal microfilm, che è di consultazione meno immediata, o dal cartaceo, soggetto purtroppo a un inevitabile processo di deperimento.  Si tratta, quindi, di un progetto che arricchisce tutte le realtà che si trovano a lavorare insieme. Sarebbe auspicabile poter avviare più spesso questo tipo di collaborazioni fra università e biblioteche. Le risorse di entrambe però sono decisamente limitate. Per questo ci affidiamo ai bandi che periodicamente vengono pubblicati.

Il progetto è ancora in corso?

Sì, terminerà ufficialmente nell’estate 2024, ma prevediamo pubblicazioni e convegni anche nel corso del 2025. Molti risultati del nostro lavoro sono già stati pubblicati: ad esempio sono usciti i primi volumi della collana Marsilio “Retroscena”, dedicata proprio alla nostra ricerca. Nell’inverno 2023 uscirà inoltre un numero monografico della rivista scientifica “L’avventura” in cui confluiranno le ricerche sulla stampa tecnico-industriale.

Qual è stata la scoperta più interessante, resa possibile da questa ricerca?

I modi in cui gli addetti ai lavori comunicavano la propria professione e cercavano anche di legittimarla agli occhi delle istituzioni, da cui spesso dipendeva la loro sopravvivenza. Penso in particolare alla figura del produttore cinematografico: sono molti gli stereotipi intorno al produttore, o le macchiette e le caricature che i media ci hanno proposto di questa figura. Studiando la trade press, invece, ho potuto prendere atto della complessità e della molteplicità di modi in cui la professione è stata declinata, e scoprire come in passato siano state condotte vere e proprie battaglie culturali affinché venisse riconosciuta la dignità e l’importanza del  loro ruolo e del loro operato.

Leggi la prima parte qui.